Lo abbiamo scritto con convinzione e lo confermiamo: c’è la comunicazione elettorale preobamiana e quella post. E la conferma è arrivata dalla dichiarazione a Paolo Valentino del Corriere di Jim Messina, l’italo-americano ex vice capo dello staff alla Casa Bianca ed oggi responsabile della campagna elettorale di Barack Obama.
Messina non lascia spazi all’interpretazione: “stiamo costruendo la bestia perfetta. Il nostro sforzo sul terreno e l’uso della tecnologia faranno sembrare preistorica la campagna del 2008.”
Soltanto pochi mesi fa il Presidente confessava: “La mia rielezione sarà dura: l’economia sta uscendo da una recessione mondiale, la gente ha perso fiducia”. Oggi la musica è cambiata. Obama crede nella sua rielezione. E’ attivissimo sui social network. Incontra gli elettori nelle loro abitazioni dopo che gli uomini dello suo staff hanno creato il contatto su Facebook o Twitter. Ci va a cena. Continua a raccogliere finanziamenti attraverso il web.
Non è fantascienza è la cronaca quotidiana. Del resto è impossibile dimenticare dati e circostanze che già nel 2008 lo hanno reso invincibile.
Come molti hanno scritto, ed anch’io fra questi, è il presidente dei primati: il primo presidente afroamericano, il primo presidente Web 2.0, il più giovane della storia. Esempio di coerenza di messaggio straordinario, è riuscito a trovare per ogni canale comunicativo la giusta cifra che lo ha reso credibile.
Ma è stato anche il primo ad avere accettato di cambiare senza reticenze, consapevole dei rischi, il modo di relazionarsi con i suoi elettori attraverso la rete, divenendo uno snodo e lasciando aperto, senza filtri, il canale di comunicazione, scommettendo sulla sua straordinaria forza.
Il team di Obama ha costruito un’immagine di candidato innovativa, bipartisan, capace di superare ostilità e resistenze culturali della “pancia” dell’America profonda, dando vita a quello che è stato definito a tutti gli effetti il Brand Obama. Un brand costruito a partire da un logo studiato per essere personalizzato in funzione della dynamic identity, secondo la quale ogni versione della propaganda sul web veniva personalizzata in relazione al target cui si rivolgeva.
Nei due anni di campagna elettorale è riuscito a coinvolgere settanta milioni di utenti. Nessuno degli spazi di relazione è rimasto escluso. Si è creata una vera e propria galassia Obama dove ognuno si è sentito protagonista, realizzando per la prima volta un progetto di democrazia partecipativa di portata non solo nazionale ma planetaria. Nel periodo della campagna ognuno di noi, seppure non elettori americani, si è sentito parte di un grande progetto.
Ed anche in questa nuova tornata Messina non fa mistero neppure con i giornalisti che la macchina è ben oleata. “Abbiamo sul terreno, in tutto il paese, gente che ha già lavorato per 4 o 5 anni nel nostro sistema, sa cosa fare, crede in questo presidente ed è perfettamente addestrata”.
Obama contro tutti. Mentre i Repubblicani cercano un candidato lui continua ad impazzare sulla rete. E di sicuro non per parlare o per farlo diventare un canale ulteriore, magari innovativo rispetto a quello tradizionale. Ma per ascoltare e rilanciare. Per capire quale sono le istanze e tentare di rispondere.
La rete serve anche a questo. Non fa sconti a nessuno. Nemmeno a Obama che conosce ormai perfettamente i rischi sia da candidato che da Presidente degli Stati Uniti.
Certo nessuno si arroga il diritto di affermare che sarà la rete a sancire una sua vittoria o una sua sconfitta. Ma tutti sanno che soprattutto i social network sono stati utilissimi per la raccolta fondi, ma anche per sentire gli umori, dialogare alla pari, aumentare i contatti.
Tutti sanno che i contatti non sono voti. Che la credibilità e la reputazione non assicurano alcuna elezione. Ma tutti hanno capito in America ed in Europa (vedi l’esordio di Sarkozy su Twitter che riceve gli auguri anche dall’ex moglie) che non si può non tener conto del web.
In Italia? Per il momento la rete è abitata dall’antipolitica.
Se come diceva Nelson Mandela : “ un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso” vedremo chi vincerà in Usa, in Europa ed anche in Italia. Di sognatori con la globalizzazione ne circolano tanti.