Il messaggio che le prossime elezioni si vinceranno anche grazie a Internet ed in particolare sfruttando i social network è passato. Dalle Alpi alle piramidi. Già basta avere amici siciliani per vedere cosa sta accadendo su Facebook o su Twitter. Solo al pensiero che il prossimo ottobre si voterà per il rinnovo del “Parlamento Siciliano” (si chiama così e non consiglio grazie all’Autonomia ed ha 90 deputati) già i potenziali candidati impazzano con post, video e link continui.
Ma la vera battaglia, come abbiamo avuto più volte modo di scrivere sarà alle prossime nazionali. La politica è in piena crisi e che domina il web, che poi rimbalza notizie vere, quasi vere o false anche sugli altri media è l’antipolitica.
Nel suo recente volume “Comunicazione Politica”, Michele Sorice, professore della Luiss ha spiegato : “Il successo e lo sviluppo di Internet e, in particolare, del Web 2.0 hanno evidenziato un uso diverso della comunicazione politica e della stessa partecipazione alla vita sociale: la Rete sembra garantire un rapporto più diretto fra attori politici e cittadini.
Questo fenomeno viene spiegato ricorrendo al concetto di disintermediazione.
Al tempo stesso sembrano evidenziarsi modi diversi di impegno politico rispetto al passato: alla continuità formalizzata dal coinvolgimento (iscrizione a un partito, attività di volontariato, vendita domenicale del quotidiano di partito ecc.) sembra sostituirsi una sorta di impegno “intermittente”, reso possibile dalla “connettività” non più vincolata alla presenza fisica e a tempi definiti.
Le potenzialità offerte dal Web 2.0 obbligano ad un ripensamento dell’idea di partecipazione politica oltre che di alcune delle forme della comunicazione politico-elettorale.
A differenza di quanto hanno fatto Obama e il suo staff alcuni politici italiani provano a stare sui social network come in una nuova avventura tutta da vivere. Eppure la rete non perdona: esalta e distrugge in pochissime ore. Insomma anche chi è stato un bravo comunicatore politico deve riscrivere il modo in cui definire una strategia politica di lungo respiro o anche una o più campagne elettorali.
Occorrono nuovi linguaggi, velocità d’azione, capacità interpretativa dei flussi della Rete, moment by moment.
Ed in questi giorni se è vero che si parla tanto di antipolitica sempre Sorice che evidenzia come è rilevante il concetto del cosiddetto sub politico.
Si tratta di un’area che “coinvolge attori collettivi e individuali al di fuori della politica istituzionale (tradizionale) rispetto al sistema economico, spesso in relazione antagonistica (o semplicemente critica) rispetto alle forme consolidate della politica. I media, in tale mutata situazione, non sono più soltanto strumenti di supporto alle istituzioni politiche (e in qualche caso persino asservite ad esse, ma possono diventare veicolo politico, forum di discussione in cui si generano forme di consenso, si verifica e si forma un’opinione pubblica non più frutto del rapporto esclusivo fra istituzioni parlamentari e cittadini. I media in altre parole, rappresentano un luogo di condivisione pubblica e la vasta area del sub politico si nutre spesso proprio delle pratiche discorsive mediali; in tale prospettiva vanno interpretati gli usi “tattici” della Rete da parte di organizzazione che possiamo variamente definire come sub politiche (associazioni dal basso, movimento auto-organizzati, organizzazioni non governative) prepolitiche (associazioni di formazione alla politica, movimenti di impegno sociale, associazioni radicate in ambito ecclesiale) e antipolitiche (movimenti che contestano la “partitocrazia”, gruppi d’interesse, associazioni anti-istituzionali) “.
Del resto l’antipolitica ha radici lontane. Già nel 1994 Giddens individuava nell’area del subpolitico alcune delle attività costitutive della vita politica contemporanea, non più animata da una motivazione utopica verso il futuro bensì dal mondo vitale del soggetto. In altre parole, il microcosmo della vita personale appare strettamente interconnesso con il macrocosmo delle questioni globali.
La crisi economica e l’incertezza del domani hanno spinto alcuni gruppi ad organizzarsi sulla Rete e a rivendicare le posizioni utilizzando ad esempio Facebook per la mobilitazione contro.
L’altro grande rischio è quello che solleva il ventunenne Eli Parisier guru americano autore del recentissimo volume : Il filtro. Quello che internet ci nasconde .
Secondo l’esperto “il problema è la crescente personalizzazione dei servizi on line. Due persone che cercano su Google la stessa cosa possono vedere risultati diversi: questo perché Google raccoglie dati su di noi e li usa per confezionare su misura una pagina che massimizzi il numero dei nostri clic, che per Google sono ricavi pubblicitari”.
Ma non si illudano i politici. Sul web si possono registrare tendenze, fotografare momenti particolari, come con i sondaggi, se ben fatti. Ma il “mi piace” non corrisponde sempre ad un’intenzione di voto. Questi i politici lo capiranno soltanto se impareranno a stare sui social network. E in questo momento di vera antipolitica non è facile.