“È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio. Esiste un momento per tacere, così come esiste un momento per parlare. Nell'ordine, il momento di tacere deve venire sempre prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio, si potrà imparare a parlare rettamente ".
Nell'arte di tacere" dell' Abate Dinouart (1716-1786) c’è un elogio al silenzio. E il nuovo Papa Francesco la prima volta che è apparso al mondo nel suo ambito bianco si è fermato. E ha fermato il tempo. Secondi che in televisione sono sembrati secoli.
Nel 1998 il Papa Comunicatore, Giovanni Paolo II, aveva detto:” C'è il silenzio tragico dell'incomunicabilità, e c'è il silenzio della fecondità e del coraggio, che è proprio di chi rinuncia a farsi sentire all'esterno per raggiungere nel profondo le radici della verità e della vita. Il nostro tempo ha bisogno di riscoprire la fecondità del silenzio, per superare l'effimero, la dissipazione dei suoni, delle immagini, delle chiacchiere che troppo spesso impediscono di sentire la voce di Dio " .
Un messaggio ancora attuale quello di Giovanni Paolo II, ma quello che ha colpito tutti i vaticanisti, italiani e stranieri, ma anche la gente è stata l’umiltà.
Ed è vero che nei primi secondi il viso del nuovo Pontefice mostrava incredulità ed emozione. E quando ha detto :”sono venuti a prendermi dall’altro mondo” ha confermato il suo linguaggio comprensibile, la spontaneità dei gesti, che, come il silenzio, comunicano tantissimo.
Lo ha ammesso in un’intervista a Repubblica Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Roncalli: “appena l’ho visto Papa Francesco mi ha colpito subito per quella sua espressione bonaria, con quei gesti semplici, anche quando ha impartito la benedizione, ma soprattutto quando ha iniziato a parlare con quel fratelli e sorelle, buona sera”.
Una delle persone che è stata più vicina a Papa Giovanni XXIII ha trovato “un’impressionante affinità” tra Papa Roncalli e Papa Bergoglio.
Non pensiamo che ci sia stato nulla di calcolato e di programmato ma ha sicuramente ragione Alberto Melloni quando scrive sul Corriere della Sera di “semplicità sapiente”.
Ed ci convince ancora di più lo storico delle religioni quando sottolinea che “Francesco è apparso subito come un Papa che non ha paura di presentarsi con dolcezza, di essere un cristiano insieme al suo popolo, il popolo di Dio”.
Tutti si chiedono se sarà un Papa che userà, come ha fatto anche il Papa filosofo e teologo, Benedetto XVI, le nuove tecnologie. Se i suoi pensieri arriveranno ai fedeli attraverso un tweet. O se invece seguendo la scia di altri suoi predecessori riaffermerà il ruolo della radio o lo strapotere della televisione.
Televisione che ha citato quando ha voluto benedire i fedeli di tutto il mondo. E’ tutto da scoprire.
Come scriveva il sociologo De Kerchove già nel 1984 "sfruttare appieno tutte le potenzialità espressive del piccolo schermo fa correre il rischio alla Chiesa di omologare l'espressione del sacro con gli altri messaggi e generi dell'intrattenimento e dell'evasione televisiva". E quindi dovrà trovare il giusto equilibrio tra potenzialità e rischi dei nuovi e dei vecchi media.
Vedere anche chi sceglierà come suo portavoce se un laico, come aveva fatto Giovanni Paolo II con Navarro Valls o Benedetto XVI un sacerdote, come padre Lombardi .
E’ presto per dire se raccoglierà il messaggio lanciato da Papa Benedetto XVI sull’importanza di internet per parlare soprattutto ai giovani. Se sfrutterà la forza dei social network per l’opera di evangelizzazione.
Magari in questo mondo globalizzato, liquido ma dove è indispensabile comunicare valori e contenuti basterà a Papa Francesco rileggere l'enciclica Miranda Prorsus del 1957 o Communio et Progressio del 1971 o i testi del Cardinale Martini sui media per trovare una strada.
Ma già il nome Francesco lo fa associare alla figura del Santo dei Poveri. E’ quindi facile pensare che sarà un umile comunicatore. Capace anche di sovvertire tutto quanto è stato scritto contro di lui e sul suo passato diffuso dalla rete poche ore dopo la sua elezione e ripreso da alcuni media.
Difficile capire quali strategie di comunicazione userà per far vincere, come scrive Melloni “quella luce di fede che vedrà le magagne e le speranza di una Chiesa che con Papa Francesco ha ripreso il largo”.
L’anno scorso in questo periodo commentavamo l’iniziativa di Papa Benedetto XVI che a 85 anni aveva deciso di lanciare il messaggio sulla Quaresima attraverso 40 tweet.
E Antonio Spadaro, gesuita come Papa Francesco, presentissimo con i suoi tweet (@antoniospadaro) aveva ribadito come “la rete non è soltanto rumore”.
O magari Papa Francesco sceglierà di utilizzare tutti i media vecchie e nuovi. Magari costringendoli al silenzio. L’Abate Dinouart lo aveva scritto: “Il silenzio può talvolta far le veci della saggezza per il povero di spirito, e della sapienza per l'ignorante”.