Quanto è successo in questi giorni in Francia non mostra immagini molto difformi da quelle che i nostri ragazzi possono vedere in serie televisive trasmesse sia dalla tv pubblica che da quelle commerciali. A qualunque ora vediamo in tv, e quindi anche fruibili su tablet e smartphone, corpi squartati, terroristi in azione, rapine, omicidi. La violenza fa spettacolo e cattura. Il problema è distinguere la realtà dalla fantasia. Il rischio è l’iper-realtà, vivere la realtà come se fosse, invece, un’esperienza virtuale. I ragazzi non leggono i giornali e guardano pochissimo la tv. Dalle ricerche che ho condotto ho rilevato che buona parte delle notizie, soprattutto gli adolescenti, le condividono dai social network. Non perché le cercano ma perché prelevano da profili con cui sono connessi quello che può essere per loro interessante per motivi di studio o a volte anche per dissacrare la realtà degli adulti.
Per questo gli editori hanno avviato progetti nelle scuole e nelle università dove propongono la lettura dei giornali cartacei. Oggi l’informazione, anche quella più veloce prodotta dai giornali on line, viaggia attraverso i social network. Una nuova sfida attende noi coloni digitali e migranti digitali: quella di educare i digitali nativi e i mobile born che vivono sulla rete e con la rete come fosse un prolungamento del loro corpo. Il web che può essere strumento di conoscenza, divulgazione e cultura diventa invece il nuovo luogo naturale per alimentare devianze e prevaricazioni. E così ogni giorno le pagine dei giornali e le immagini dei tg, ma anche i social network ci informano o ci disinformano su casi incredibili quanto inquietanti di Cyberbullismo, dell’aumento del Sexiting (la trasmissione di immagini a sfondo erotico e sessuale attraverso cellulari e internet) ed addirittura di adolescenti e pre-adolescenti che adescano i compagni di scuola proponendo prestazioni sessuali in cambio di indumenti o oggetti. In atto c’è una nuova sfida per noi educatori e per i genitori: affrontare questa emergenza ma attrezzarsi per prevenire fenomeni che possono fornire al pre-adolescente o all’adolescente una realtà difforme della vita che dovrà affrontare. Una sfida che può essere vinta. Una partita che va giocata. Non per essere apocalittici ma per fare sana autocritica sulla nuova genitorialità e sulle nuove responsabilità. Il problema è che la scuola e i genitori spesso sui social e su pericoli e opportunità del web sono meno preparati dei loro figli. E quindi devono attrezzarsi. Altrimenti la partita è persa. Oggi si parla molto del fatto che l’Isis utilizza i social network, e si è detto anche la chat della play station, per la comunicazione con le cellule diffuse in tutto il mondo, ma utilizza tantissimo la rete per reclutare giovani e formarli nelle scuole del terrore. Non dobbiamo far finta che nulla è accaduto. Perché oggi il terrore corre soprattutto sul web. Ho parlato su quanto è accaduto, e sulla percezione attraverso i media e i social, ai miei studenti, in radio, in tv e ovunque sono stato chiamato a farlo. Noi educatori lo siamo sempre. E’ una missione, non soltanto una professione.