Non ha vinto alcun premio al Festival di Cannes ma dopo aver visto “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino qualcosa ci scuote. Ci sentiamo trasportati via, come dice l’attore principale Toni Servillo da inquietudini, tormenti e vizi della nostra società.
Una società in cui stanno avvenendo vere e proprie rivoluzioni suffragate da ricerche che trovano ampi spazi sui media. L’unico rammarico è che i ricercatori italiani, dati alla mano avevamo provato a dire alcune cose, che però non hanno avuto le stesse fortune.
Ma non è questo il punto. Quello che sta alimentando nuovi dibattiti, dividendo gli esperti, è per dirla sempre Servillo la difficoltà di riuscire a costruire una comunicazione diretta.
Già da tempo ci è capitato di riflettere, intervenendo in convegni o partecipando a incontri con genitori, su quanto stava avvenendo: la prima grande rivoluzione della comunicazione di massa. I quarantenni di oggi cresciuti con il calciobalilla e la bicicletta impegnati a chiedere qualunque spiegazione a genitori e nonni . Oggi i digitali nativi pronti a darci spiegazioni non appena noi adulti ci mettiamo in mano un tablet o un I-Phone. Ci fanno sentire incapaci…ed in realtà lo siamo.
Eppure le tecnologie sono diventate parte della nostra vita. Addirittura la suddivisione della società è ormai in tre segmenti: i digitali nativi, i migranti digitali ed i coloni digitali.
Noi adulti ci dividiamo tra la seconda e la terza specie. I digitali nativi invece hanno in mano le nuove tecnologie: le posseggono, le vivono, le abitano.
Ma cosa significa il termine digitale nativo? Il termine è stato coniato da Marc Prensky, che lo utilizzò per la prima volta in un suo articolo pubblicato nel 2001 nella rivista “On the Horizon”. L'articolo dal titolo, Digital Natives, Digital Immigrants, illustrava i cambiamenti di tipo cognitivo, comunicativo e comportamentale, prodotti dall’intenso uso e dalla sovraesposizione alle nuove tecnologie, onnipresenti nella vita delle nuove generazioni sin dalla più tenera età.
Impazza sulla rete il video di una bimba di un anno a cui danno una rivista e la scambia per un tablet. Continua a sfiorare la copertina ma non si muove nulla http://video.repubblica.it/tecno-e-scienze/per-la-bimba-di-1-anno-una-rivista-e-un-tablet-che-non-funziona/78222/76612
Come ha scritto Repubblica presentando il video :” con il dito, la piccina clicca inutilmente sul magazine cartaceo, credendo di far partire dei contributi multimediali. A quel punto, pensando che sia proprio il dito a non funzionare, la piccola fa un test premendo sulla propria gamba. Un ennesimo tributo a Steve Jobs per aver cambiato la vita delle future generazioni”.
Questo è un digitale nativo. Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera ha certificato che i figli sono più abili dei padri ad usare le tecnologie. La conferma arriva da una ricerca che ha citato commissionata dalla John Lewis e dalla Microsoft e condotta dall’Istituto di sondaggio britannico Opinium.
Questo ridisegna i modelli educativi. Padri e madri devono ripensare la loro genitorialità.
C’è poi una seconda ricerca che ha appassionato i conduttori radiofonici e televisivi. Che ha entusiasmato chi è alla continua ricerca del sensazionalismo. E’ quella condotta dal sito www.alfemminile.com (Gruppo Aufeminin) in collaborazione con eBay. L’indagine è stata condotta in Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Belgio, Spagna e Portogallo. Tira fuori un dato allarmante per il maschio italiano: su cento donne italiane che hanno uno smartphone, quasi una su tre controlla se ha ricevuto messaggi mentre fa l’amore.
I dati italiani tracciano un quadro molto significativo del rapporto tra le donne e lo smartphone. Il 73% ne possiede uno, il 13% più di uno. Il tablet è nella borsa del 35 % delle donne. Il 12% cambia telefonino ogni anno. L’83% dichiara di esserne dipendente e il 14 % dichiara di non separarsi dall’apparecchio per più di 5 minuti.
Ma i commentatori europei, nello stigmatizzare i dati della ricerca, hanno precisato che anche gli uomini non scherzano. Provare solo ad immaginare la scena in una camera da letto con l’uomo e la donna che hanno sul comodino lo smartphone diventa molto imbarazzante.
Il 46% delle donne dichiara di fare a meno dello smartphone e quindi di non prenderlo in mano durante un appuntamento romantico e il 29% , appunto lo controlla anche durante il rapporto sessuale.
Ed è bene richiamare in causa Toni Servillo che parlando de La grande bellezza non esita a porre la questione nei giusti termini: “C’è oggi una confusione di linguaggi, che poi è il sintomo di una confusione di indirizzi morali”.
E quindi bisogna ripartire da zero. I genitori potranno imparare i trucchi dello smartphone dai figli, ma rimangono sempre il loro punto di riferimento. Donne e uomini devono recuperare valori, comportamenti e linguaggi indipendentemente da I-Phone, tablet e nuove tecnologie varie. Sia nella vita reale che in quella culturale.
Una speranza c’è. Come ci ha insegnato Ennio Flaiano: “certi vizi sono più noiosi della stessa virtù. Soltanto per questo la virtù trionfa”.