Qualche giorno fa Pierluigi Battista ha gridato un “Viva la dittatura tecnica”, in un suo articolo affermando: “speriamo in un congruo prolungamento della dittatura tecnica. Avete così tanta nostalgia della dichiarazionite degli inconcludenti, della verbosità fatua e arrogante della politica?....Tecnici salvateci voi. Sentite davvero tanta nostalgia delle narrazioni sconclusionate di Vendola, dell’ossessione maniacale di Giovanardi contro i gay delle manette verbali di Di Pietro, di La Russa che fa finta di abbandonare i talk show televisivi, di Gasparri che auspica la chiusura dei giornali di sinistra, di Rosy Bindi che chiede imperiosamente le dimissioni di Berlusconi…”
Un fotografia dell’esistente con centro destra e centro sinistra in crisi di credibilità (4%) e con un numero di cittadini elevatissimo che dichiara di non andare a votare o di non sapere per chi votare (48%). A quei cittadini-elettori pensiamo in queste ore leggendo i tweet che arrivano dalle trattative per chiudere un accordo sui temi del lavoro (tutti noi sappiamo che la trattativa si chiuderà dopo le elezioni amministrative per non danneggiare i partiti che sostengono il Governo) ed alla decisione del Presidente Giorgio Napolitano di anticipare delle dichiarazioni rese a gennaio in un’intervista televisiva messa in frigorifero e tirata fuori nella prima domenica di Primavera per annunciare la sua non ricandidatura.
Dalla strategia alla tattica? Come ad esempio la scelta del Presidente del Consiglio Monti e dei suoi ministri più esposti, Passera e Fornero, di partecipare a talk show, senza avere un contraddittorio. Ed ancora è una scelta tattica quella di non affrontare “la gente” e quindi di non confrontarsi?
L’ultimo lavoro del professor Ilvo Diamanti, “Gramsci, Manzoni e mia suocera” dedica un capitolo a: Persona, popolo e opinione pubblica. Scrive: “Il rappresentante interpretava un principio di distinzione, si presentava cioè distinto dagli elettori in base a caratteri sociali, culturali, professionali. Per questo i rappresentanti non facevano nulla per mascherare la loro autonomia (relativa) rispetto al mandato degli elettori. Nella fase più recente, nell’epoca della democrazia del pubblico, invece, cercano di imitare la cosiddetta gente comune per essere a loro volta imitati”.
Illuminante davvero. E forse in queste poche righe troviamo la spiegazione di quanto sta avvenendo nel nostro paese. Giornali, radio e televisione rischiano di essere bypassati dai social network dove i politici hanno capito di essere letti e ripresi, senza alcuna mediazione giornalistica. E quindi lanciano accuse, invettive, pareri sapendo che poi impongono argomenti che non troveranno l’effetto tam tam solo sul web, ma anche sui vecchi media. E quindi mini-strategie che hanno il difetto di non sviluppare proposte o lanciare contenuti, o ancor meglio, ribadire valori, ma solo il compito di esserci,di dire qualcosa.
Del resto sbaglia che pensa che sia soltanto tattica e non strategica la decisione del Presidente della Repubblica Napolitano di far uscire ad orologeria un’intervista già rilasciata e utile in un momento di grande confusione sociale, per riaffermare il principio che tutti siamo utili ma nessuno indispensabile, principio lontano dalle logiche di vita lunga dei leader italiani. E’ una mossa di alto valore strategico che ricorda i grandi personaggi del passato. Un richiamo anche al modo in cui si deve interpretare il ruolo istituzionale.
Del resto anche la scelta della Presidenza della Repubblica di aprire un canale YouTube dove vengono inseriti tutti i discorsi del Capo dello Stato andava in quella direzione.
E in questo clima, tra strategie e tattiche, si gioca la partita delle amministrative, in cui i partiti cercano di recuperare un ruolo centrale, operazione difficilissima visto il clima di forte antipolitica che si respira sulla Rete.
La televisione avrà un ruolo determinante nelle prossime amministrative e anche alle successive politiche del 2013, come il sociologo Manuel Castells ha più volte stigmatizzato: “né la televisione né altri media sono in grado di determinare, da soli, i risultati politici, proprio perché la politica mediatica è un campo estremamente contraddittorio dove entrano in gioco strategie e attori diversi, con abilità diverse ed effetti talvolta inaspettati. La mediocrazia non è in contraddizione con la democrazia, perché è pluralista e concorrenziale tanto quanto il sistema politico: cioè molto. […] Tuttavia, il fatto decisivo è che, senza un’attiva presenza sui media, le proposte e i candidati politici non hanno alcuna possibilità di ottenere un ampio consenso. La politica dei media non esaurisce la politica, ma tutta la politica deve passare per i media se vuole influenzare i processi decisionali”.
Saranno giorni complicati per il cittadino-elettore che dovrà capire come muoversi tra la comunicazione tattica del Governo e quella semi-strategica di leader e partiti anche attraverso Facebook, Twitter e YouTube.
I tecnici vogliono fare i tecnici e comunicare le loro decisioni senza entrare nel vortice delle polemiche o dei contraddittori. I politici dovranno districarsi tra l’avversione della gente che non ama più la Casta, la crisi economica, le decisioni dei tecnici, segnando le differenze e marcando il loro terreno, aumentando lo scontro per far sentire la loro voce.
Basteranno piccole apparizioni in tv? Servirà inondare di tweet o di post il web? Lo vedremo. Tra tattiche e strategie…noi cittadini …come le stelle… staremo a guardare, anche se ci spiegheranno che siamo i veri protagonisti…e che basta un cinguettio per dire la nostra.
Il rischio finale è che triplicano gli strumenti di comunicazione ma diminuisce l’ascolto, la comunicazione politica e istituzionale, non propagandistica e si perde la potenzialità dei nuovi media, attentando al ruolo dei vecchi media. Non è un quadro esaltante.