Il caldo torrido non può fermare le nuove forme di comunicazione politica. Basta un tablet per pubblicare un post che fa parlare per giorni interi. Oppure una dichiarazione resa in maniera estemporanea divide l’Italia già provata da una crisi economica mai vista che si abbina a temperature mai registrate. E se già i nomi delle ondate di caldo ( ad esempio Lucifero) ci danno il senso del momento infermale che stiamo vivendo…altro ci agita.
Ad esempio la Sicilia discute ormai da diversi giorni della dichiarazione del candidato Governatore, Rosario Crocetta: “non farò più sesso, una volta eletto presidente della Regione”. Sotto gli ombrelloni, nei bar ma soprattutto sui social network quanto detto dall’europarlamentare fa discutere. Persino i candidati delle sue liste sono avvolti dal dubbio che la decisione possa coinvolgere anche loro.
I meno riflessivi hanno subito sottolineato che la Sicilia raccontata da Pirandello o da Vitaliano Brancati, dell’uomo che non deve chiedere mai, e che non può avere dubbie tendenze veniva messa in discussione. Un caposaldo distrutto dal fatto che il futuro Presidente della Regione potesse essere gay. Dibattito peraltro mai aperto in Puglia dove addirittura Nichi Vendola, ben assistito in fatto di comunicazione politica, aveva giocato una partita, poi vinta, sul tema della diversità. Ma torniamo a Crocetta. Per due volte è stato eletto sindaco di una città ad alta densità mafiosa dove ha incarnato il ruolo del paladino dell’antimafia.
Ma il dibattito se Crocetta farà o meno sesso dopo una eventuale elezione non appassiona. Forse perché i più maligni dopo aver saputo della sua auto-candidatura da un video diffuso sulla rete dove pronunciava la frase berlusconiana “scendo in campo” (video girato a Bruxelles con lo sfondo del Parlamento Europeo) hanno pensato che questa del sesso-tabù dopo l’elezione a Governatore è stata una mossa, sondaggi alla mano, per avvicinare i cattolici integralisti del Partito Democratico e dell’Udc. E quindi una comunicazione diretta ed inequivocabile. Giustamente scrive Pierluigi Battista: “E’ il pettegolezzo moderno il problema, non solo la profondità della dimensione arcaica nella Sicilia Moderna. Crocetta ha il merito di avere rotto questa catena di automatismi. Come Presidente della Sicilia, se verrà eletto, faccia della sua vita privata ciò che crede”.
E’ un parere. Ma in Sicilia la battaglia è durissima. I giorni di campagna elettorale saranno pochissimi e Crocetta ha capito (al contrario dei suoi avversari) che un pezzo consistente di questa partita si gioca sul web. Già la rete che come scrive Ilvo Diamanti in un’attenta analisi su Repubblica è il futuro ma anche il presente.
“In Italia – rileva Diamanti – la rivoluzione digitale, la Rete insieme alla degenerazione della Democrazia del Pubblico, portata alle estreme conseguenze da quasi 20 anni di berlusconismo, hanno minimizzato il ruolo e l’importanza dei partiti politici. Oscurati dai Tecnici, dai Magistrati, dai Professionisti della Comunicazione. Non a caso, i soggetti politici di maggior successo, oggi , sono un Professore senza Partito, come Mario Monti, e un protagonista della rete e della Comunicazione (con grandi competenze nello spettacolo) come Beppe Grillo, Inseguito, a fatica, da un Magistrato Politico come Di Pietro”.
La sensazione è che tutti siano pronti, sul web e nella vita politica reale a fare delle rivoluzioni, vere o finte. Illuminante può essere cosa scrive Zygmunt Bauman: “le rivoluzioni sono un fenomeno storico, il fenomeno di un tempo in cui il potere era concentrato in un unico luogo. Quando i bolscevichi hanno fatto la rivoluzione hanno preso d’assalto il Palazzo d’Inverno, perché lì c’era il potere, e pensavano prendiamo il Palazzo e il potere sarà nostro. I rivoluzionari francesi hanno assaltato la Bastiglia perché quello era il simbolo del potere in cui si concentravano tutte le ingiustizie, hanno assaltato Versailles e arrestato il re. C’era un indirizzo del potere, un vero e proprio indirizzo: si sapeva esattamente dove si trovasse il potere. Non è più così, oggi il potere è sparso, diffuso nel globo, nel pianeta. Cosa dovrebbero fare i rivoluzionari? Quale edificio dovrebbero assalire? Dovrebbero assumere il controllo dei ministeri? Cambierebbe qualcosa? Così le risposte semplificata che avevano i nostri nonni, come : Bé , ora facciamo una rivoluzione e ripartiamo dalla base; non so più possibili. Da un lato questa è una cosa positiva, dall’altro è negativa. Il fatto è che diventa molto più difficile assalire il Palazzo per salvare il mondo”.
Il tema è quello dell’assenza, come giustamente ha rilevato Diamanti, della democrazia rappresentativa orfana dei partiti. Il web influenza tutto. Non ci fa sempre capire se ci sono le rivoluzioni e chi sono i rivoluzionari e soprattutto se come sostiene Bauman hanno ancora un senso.
Ci affidiamo allora alla saggezza di Martin Luther King: “può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla”.
Già. Iniziamo dal web, da Facebook, da Twitter, da Youtube a fare qualcosa. O no?