– “Scrivi di me quello che ti pare…Ma non dire delle cazzate”
Autore di questa affermazione, rivolta ad un giornalista, Giacomo Bulgarelli, uno dei più grandi campioni del calcio italiano, a cui Italo Cucci, uno dei più autorevoli giornalisti sportivi italiani, ha dedicato il suo ultimo libro, edito da Limina, fresco di stampa.
Il libro narra di Bulgarelli, capitano e leader, anima e testa di quel Bologna che aveva sedotto anche Pier Paolo Pasolini. Ma l’intensa rivisitazione della vita calcistica di Bulgarelli è il viaggio a ritroso di Italo Cucci in un calcio perduto, dei piccoli grandi fatti di sport e vita che s’intrecciarono nelle redazioni del Resto del Carlino, di Stadio, del Guerin Sportivo. Lo sono di un giornalismo epico, con i suoi giganti: Giovanni Arpino, Gianni Brera, Pier Paolo Pasolini. Il libro ben scritto e molto avvincente, pagina dopo pagina, non poteva non essere di qualità. La carriera di Italo Cucci è contrassegnata da successi professionali. Nato nel 1939, ha iniziato l’avventura giornalistica nel 1958 diventando giornalista professionista nel 1963. Allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli ed Enzo Biagi, ha insegnato giornalismo sportivo presso l’Università Luiss, di Teramo, La Sapienza, Milano Bicocca, Lumsa e di Udine. Ha diretto il Guerin Sportivo (tre volte), il Corriere dello Sport-Stadio (due volte), il Quotidiano Nazionale , il mensile Master e il settimanale Autosprint.
Si vanta di un premio, il “Dino Ferrari”, assegnatogli da Enzo Ferrari, al quale era legato da un lungo rapporto di amicizia. Ha seguito da inviato dieci Mondiali di Calcio e sei Olimpiadi. Collabora attualmente con la Rai e Rai International come opinionista sportivo. Tutto questo per dire che Cucci ha tutti i titoli per parlare di quel calcio che non c’è più. Che era capace di trasmettere valori. Di educare i giovani. Dal libro emerge quel calcio di ieri che spingeva giovani, come il padre dei telecronisti italiani, Bruno Pizzul, a spostarsi dal Friuli a Catania, per giocare al calcio. Pizzul, un caso raro del calcio, riuscì anche a studiare per conseguire la laurea in giurisprudenza, nel periodo in cui era calciatore. Poi un brutto infortunio al menisco lo spinse a fare un concorso in Rai da cui uscì vincitore e da lì venne fuori la sua grande capacità di raccontare il calcio dopo averlo giocato. Sia il libro di Cucci che i racconti di Pizzul, ci fanno vedere come il calcio di ieri è molto diverso da quello di oggi. Giacomo Bulgarelli in un’intervista, facilmente rintracciabile su Youtube, dichiara che al calcio avrebbe giocato anche gratis. Pur di poter giocare per il suo Bologna e per la Nazionale.Era un calcio lontano da scandali e scandaletti. Un calcio dove i campioni non erano super-pagati sia dentro che fuori lo stadio. Un calcio dove un giocatore anche di prestigio non doveva necessariamente innamorarsi di una velina ed essere per intere settimane sui giornali di gossip, ma poteva anche sposare una giovane donna del suo paese e vivere con lei felice per sempre. Ed anche le tifoserie sono cambiate. Basta scorrere su Facebook per trovare post dei vostri amici più “normali” che augurano il peggio alla squadra avversaria. O vedere le immagine di violenza dentro e fuori dagli stadi. Episodi impensabili. E poi le telecronache e le trasmissioni sportive ormai diventate degli show, con litigi inimmaginabili. O le partite che si giocano il venerdì, il sabato, la domenica prima di pranzo e dopo pranzo. E poi le coppe il martedì e il mercoledì. Il tutto per esigenze della tv a pagamento e degli sponsor. Per non parlare delle cronache sul calcio scommesse dove la realtà supera la fantasia. E così nel 2011, genuinità di Giacomo Bulgarelli , capace di confidare all’amico giornalista Italo Cucci , che si è fidanzato, sembra lontano anni luce dal gossip dei nostri tempi. L’idea è che il calcio di oggi non comunica più valori. La passione, l’agonismo, la competizione e persino lo sfrenato municipalismo legato “al pallone”sono ormai in cantina per far posto ad immagini surreali. Persino nella pubblicità dove vince e convince il paradosso: campioni dello sport che diventano santi ,che lacrimano… O nuovi Messia capaci di dividere le acque di una piscina, o ancora pronti a far dare colpi di testa ai pensionati. Non c’è soltanto nostalgia per il calcio di ieri ma voglia che tutto torni al proprio posto. Impossibile? Comprendiamo il disagio di tutti noi che amavamo il calcio di ieri…. Sappiamo che il domani non sarà così…perché l’oggi è già discutibile. E non fa più paura neppure il fatto che il calcio è bello perché tutti ci sentiamo commissari tecnici della nazionale . Ma l’idea che dovunque, allo stadio come su Facebook o Youtube, se vuoi vincere devi dirla grossa sul tuo avversario…La più grossa che puoi… Siamo molto oltre le cazzate di cui parlava Bulgarelli…Molto oltre….