Fino a qualche giorno fa non conoscevamo l’esistenza di questa nuova “parola chiave”. Poi Il Sole 24 Ore ha dedicato un’intera pagina del suo inserto “Norme e Tributi” all’argomento con un servizio molto dettagliato di Aldo Bottini. Ed ecco che adesso abbiamo qualche certezza. Non si è più assenteisti se si rimane a casa facendo finta di star male. Ma si può essere assenti al lavoro anche se si assicura la presenza fisica e si rimane seduti per ore alla propria postazione. “Stare in ufficio, fisicamente alla propria scrivania davanti al computer, non equivale sempre a stare al lavoro. Si può stare con un “amico” – anche la moglie, il marito, la sorella, il figlio – a chattare su uno dei tanti social network, Facebook in testa, con modalità che di fatto costituiscono assenze dal lavoro. Si sottrae tempo all’attività e si viene meno alla prestazione contrattualmente dovuta al datore di lavoro. Rischiando sanzioni ad hoc”. E se lo scrive il più autorevole giornale economico del nostro paese di dubbi ne rimangono davvero pochi.
Giocare a carte al personal computer, o inviare sms attraverso il cellulare nelle ore di lavoro è ormai un problema antico. La nuova emergenza si chiama assenteismo virtuale. In Europa e negli Stati Uniti ci sono casi di persone licenziate per aver utilizzato social network per denigrare i propri colleghi o il capo. Certo, casi eclatanti, ma pur sempre costati il posto di lavoro a chi si è voluto “sfogare” su Facebook. Secondo Bottini : “sono sempre più frequenti le interferenze tra social network e rapporto di lavoro. Alle aziende conviene perciò adeguare le proprie policy, dettando regole chiare per l’utilizzo di Facebook, che è il più diffuso”. Quindi il problema non investe più soltanto gli enti pubblici, alcuni dei quali hanno vietato totalmente Facebook (il maggiore dei social network usato) o ne hanno limitato l’uso durante la pausa pranzo, ma anche le aziende che adesso devono correre ai ripari. Ma c’è anche chi all’interno delle istituzioni e delle aziende lavora con Facebook tentando di pubblicizzare prodotti o di coinvolgere in gruppi vari tutti gli iscritti. E questi dipendenti rivendicano l’uso totale di internet e quindi l’accesso ai social network. Puntualizza Il Sole 24 Ore : “Siamo certamente nel capo dell’inadempimento, che potrà avere conseguenze disciplinari più o meno gravi a seconda della quantità di tempo sottratto al lavoro, della sistematicità del comportamento e delle concrete circostanze del caso. Quasi sempre poi gli accessi dal posto di lavoro avvengono utilizzando strumenti aziendali (pc, server e connessione internet), il che può porre problemi di sicurezza del sistema”. C’è chi , tra i datori di lavoro, preferisce non bloccare l’accesso a Facebook e poi controllare se i dipendenti accedono al social network. Ma questo secondo il Garante della Privacy è meglio evitarlo. Nelle Linee Guida per posta elettronica e internet del primo marzo 2007 “è preferibile all’effettuazione di controlli successivi, dai quali può derivare un trattamento di dati personali del lavoratore, anche sensibili. Non va dimenticato , infatti, – sempre secondo Il Sole 24 Ore – che i controlli sugli accessi a internet (e quindi anche a Facebook)dal posto di lavoro sono ben possibili, a condizione che il datore di lavoro si doti di una policy sull’utilizzo degli strumenti informatici che disciplini(anche) tempi e modalità dei controlli medesimi, meglio se validata da un accordo sindacale o da un’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro”. Ma c’è un altro aspetto non affrontato dal quotidiano economico: se il lavoratore si collega al social network attraverso il cellulare. Ormai quasi tutti i telefonini sono dotati di accessi ad internet e quindi si può lavorare al computer e chattare attraverso il proprio cellulare. In quel caso forse la quantità del lavoro svolto va misurata in base alla produttività. Quindi se il lavoratore è fannullone poco importa se ha l’accesso a Facebook bloccato perché chatta dal telefonino. Difficile prevedere gli sviluppi di questa nuova forma di assenteismo. Anche perché ormai quasi nessuno rinuncia ad avere un profilo su Facebook. Per vari motivi. Persino una nonna giorni fa ha ammesso: “ mi sono iscritta per vedere i miei nipotini in foto che sono lontani”. Ma poi magari ha ritrovato un vecchio fidanzato. Lei almeno è in pensione e non rischia di essere accusata di assenteismo virtuale.