Di Franco Battiato non dimenticherò mai un abbraccio sul palco del Teatro Nazionale di Bagdad. Era il 4 dicembre del 1992. Avevo appena finito di intervistarlo per il tg di VideoMusic. Da giorni ero nella capitale irachena per girare un reportage che sarebbe stato trasmesso la notte di Natale come traino del concerto del Maestro siciliano per rivendicare i diritti del popolo iracheno e fermare l’embargo.
Mi disse una frase che mi rimarrà per sempre scolpita nel cuore: “Due siciliani a Bagdad, ci pensi? Non è fantastico?”
Non fu l’unica occasione in cui collaborai con Franco Battiato, ricordo la lunga preparazione per un evento televisivo straordinario. La Messa scritta dal Maestro che riuscimmo a trasmettere in diretta dalla Basilica di San Francesco in Assisi. Un’altra esclusiva di Videomusic di cui allora ero il Capo Ufficio Stampa.
A Vittoria in una calda serata di un giovedì di fine luglio (il 29) non ho pensato nemmeno per un attimo di cercare di salutare Franco Battiato, né di parlare con lui. Di ricordare quei momenti rimasti impressi nel mio cuore. Ho parcheggiato vicino allo stadio e poi a piedi per via Garibaldi fino a Piazza del Popolo. Ho capito in anni di esperienza che i concerti si vivono da sotto il palco, in mezzo alla gente. Cercando di trovare uno spazio piccolo per fotografare, riprendere e soprattutto ascoltare un poeta, un artista di altissimo spessore nato nella nostra controversa terra di Sicilia.
Era prevedibile che ci fosse tantissima gente. E non perché tutto era pagato dal Comune di Vittoria (il sindaco Giuseppe Nicosia ha beccato un po’ di fischi, un po’ di “vai a casa” ma anche qualche applauso) ma perché Battiato riesce sempre a far sognare il suo pubblico. Incredibile vedere i sessantenni saltare come i ragazzini, le donne cinquantenni urlare come le adolescenti. A sorpresa sul palco è salito Salvo La Rosa, accompagnato da una gentile signora. L’instancabile presentatore di “Insieme” ha giurato che era lì per vedere il concerto ma che era contento di presentare prima Giovanni Caccamo, vincitore di Sanremo giovani, di Modica e poi il Maestro Franco Battiato.
E il Maestro non si è fatto attendere. Ha dispensato battute. E’ arrivato in giacca per poi restare in camicia. Ha incantato Vittoria, come soltanto lui sa fare. Nella sua musica c’è fede, amore, passione, Sicilia, mondo.
E’ stato un viaggio nel tempo e contro il tempo. Ma come sempre il pubblico non si è infiammato per le sue canzoni piene di ricerca e di incredibili incontri tra parole e musica, ma per i brani più conosciuti. Quelli più amati. Le canzoni che lo hanno reso famoso e ci hanno accompagnato nella nostra vita. Il punto più alto lo ha toccato con “La Cura”. Un vero tripudio. Ad un certo punto le connessioni sono andate in tilt. Tutti fotografavano e postavano. Riprendevano e condividevano un momento alto, indimenticabile. E poi il bis e persino il tris. Con Cuccuruccucù che ha riacceso la piazza. Franco Battiato si è donato al suo pubblico, nella sua Sicilia, in una città, Vittoria, di cui è cittadino onorario. E’ stato superbo, infallibile. Alle sollecitazioni del pubblico di rimanere sul palco ha risposto: “miii ma siete violenti…” E poi ha chiesto timidamente se a Vittoria c’era un ospedale…”devo andare via…sono stanchissimo…davvero credetemi…” E poi è tornato ancora con i suoi splendidi musicisti a regalare brividi e sussulti.
Franco Battiato non si può non amare. Per quello che rappresenta, per quello che è.
“Per tre anni ho studiato l’arabo – ha confessato – poi un giorno ho detto ora scrivo L’era del cinghiale bianco”. E così è andata.
Poi le luci sul palco si spengono il Maestro ci lascia consapevole di averci regalato un grande concerto. Un signore dietro di me si lascia andare ad un commento in siciliano che traduco: “ma si può sapere perché uno così doveva fare l’assessore del Governo di Rosario Crocetta…questa minchiata Battiato non la doveva fare…”
Lo guardo e sorrido. Ma so per certo che quella “minchiata” Battiato l’ha fatta perché ama la Sicilia ed i siciliani e pensava di poter realmente fare qualcosa, di ridare una speranza.
Come quella che mi ha dato quella sera del 4 dicembre del 1992 in quel teatro di Bagdad nell’unico concerto della mia vita a cui ho assistito con i militari con i mitra spianati. Ma anche in quell’occasione Battiato fu capace di far passare un messaggio alto ed efficace.
E gli applausi quando ha cantato a Vittoria “Povera Patria” non sono mancati. Quasi a scandire l’impegno sociale di un grandissimo artista…siciliano.