Chi lo avrebbe mai detto che un Papa di 85 anni avrebbe diffuso il suo messaggio sulla Quaresima attraverso 40 tweet. È dall’11 febbraio scorso che chiunque può su profilo @Pope2YouVatican o sul sito Pope2You trovare questa novità impensabile fino a qualche tempo fa. È chiaro che alla console non ci sarà personalmente Benedetto XVI a postare i suoi messaggi, ma è altrettanto evidente che insieme allo staff ha deciso di esserci sui social network per non perdere alcuna opportunità di comunicazione con i fedeli.
L’attenzione del Pontefice è verso i giovani, come tempo fa ha spiegato a Radio Vaticana, l’arcivescono Claudio Maria Celli che presiede il Pontificio Consiglio. “Il sito Pope2you esiste da diversi anni e registra visite stabili di migliaia di giovani di tutto il mondo. In occasione del Natale avevamo offerto la possibilità di meditazioni dalla Terra Santa. E quest’anno abbiamo deciso di lanciare via Twitter il messaggio del Papa per la Quaresima”.
Ma non è interessante soltanto il fatto su come il social network è utilizzato, ma il ragionamento che c’è dietro, e come la Chiesa, in Italia e nel mondo, si sta organizzando per mantenere vivo attraverso nuove forme il rapporto con i fedeli. La Chiesa ha compreso prima di altri che può essere un nodo della rete e distribuire sul Web il suo messaggio, attraverso i giovani. Prima di tutto.
Celli lo ha confermato: “I giovani hanno una grande capacità di risonanza. Il tweet può essere riformulato, ridistribuito, rilanciato, disseminato. Questo richiama l’immagine del Vangelo: il piccolo grano di senape che, sparso sul terreno, produce arbusti dove anche gli uccelli del cielo possono riposare. Ecco il nostro desiderio era questo: far si che utilizzando le nuove tecnologie, il Messaggio del Papa per la Quaresima potesse risuonare ampiamente, potesse pervenire al cuore dei giovani, e fruttificare. È un’esperienza di sicuro positiva”.
La Chiesa ha compreso che siamo nell’era, come sostiene il sociologo Manuel Castells dell’autocomunicazione di massa e non più della comunicazione di massa.
Lo studioso argomenta che l’autocomunicazione di massa è : “[…]autogenerata per contenuto, autodiretta per emissione e autoselezionata per ricezione da molti che comunicano con molti. Questo è un nuovo regno della comunicazione, alla fin fine un nuovo medium, la cui spina dorsale è fatta di reti di computer, il cui linguaggio è digitale, e i cui mittenti sono globalmente distribuiti e globalmente interattivi. È vero che un mezzo, anche un medium rivoluzionario come questo, non determina il contenuto e l’effetto del suo messaggio. Ma ha la potenzialità di rendere possibile un’illimitata diversificazione e produzione autonoma di gran parte dei flussi di comunicazione che danno luogo a significato nella mente pubblica”.
Ma dietro la scelta della Chiesa ci sono forti scelte valoriali. Ben impresse con rappresentazioni efficaci. Basta rileggere il messaggio dello scorso 24 gennaio del Pontefice in occasione dell’annuncio della giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si svolgerà il prossimo 20 maggio. Un messaggio da analizzare parola per parola dove specifica come “ il silenzio è parte integrante della comunicazione perché senza di esso non esistono parole dense di contenuto”.
Il Papa non ha esitato a sottolineare come : “sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda ma anche a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione e condivisione della Parola di Dio. Nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità”.
Del resto come ha ammonito un grande studioso della rete il padre gesuita Antonio Spadaro (@antoniospadaro) “la rete non è soltanto rumore”.
Questo per dire forse che le istituzioni e la politica dovrebbero seguire l’esempio. Cogliere il significato anche dell’alternanza tra silenzio e parola.
E così sia!