“Ci sono due tipi di uomini. C’è chi segue la strada dei codici e chi non li osserva. Il fuorilegge è un barbaro, che impugna le armi e distrugge. E’ una verità crudele. L’uomo corretto crede nel proprio lavoro, altroché. Lo sceglie, come ciascuno di noi imbocca una via piuttosto che un’altra.Nessuno ha mai potuto raccontare di essere stato colpito in pieno petto da un fulmine”.
Angelo Vecchio, giornalista di cronaca nera e giudiziaria di lungo corso e scrittore pluripremiato, a pochi mesi dal successo di “Stragi Parallele” torna in libreria con un altro romanzo. Anche questa volta ad ispirarlo è la cronaca.
Il nuovo lavoro s’intitola “Isolati si muore” (Nuova Ipsa, 10 euro 102 pagg). Angelo Vecchio ancora una volta riesce ad entrare ed uscire dalle storie che scrive con l’abilità dello scrittore esigente e del cronista pungente. La cosa incredibile è che romanzo dopo romanzo riesce a sorprenderci, così come da cronista di nera e giudiziaria riusciva a saperne sempre una più del diavolo.
In questi ultimi anni Angelo Vecchio si è occupato di scrittura creativa muovendosi tra teatro, romanzi e saggi. C’è sempre la sua Sicilia, con i suoi personaggi disonesti che vengono puntualmente combattuti da chi ama la legalità e odia la mafia e le prevaricazioni.
Un altro lavoro eccellente per il giornalista e scrittore, nato a Licata, e che per tantissimi anni ha lavorato nelle più importanti redazioni dei quotidiani siciliani collaborando con testate nazionali e internazionali . Un vita trascorsa a scrivere, a narrare, a spiegare la complessità di una terra che affascina come la Sicilia.
“Isolati si muore” narra una storia a metà strada tra la fantasia e la realtà. Il protagonista è un magistrato cosciente di combattere una guerra difficile. Già, perché la mafia è un nemico potente, imprevedibile, carnefice, stragista.
Lui, paga a caro prezzo l’amore per i codici. Nello stesso buco nero finisce un giovane agente della Squadra mobile palermitana. Poi c’è lei, la sua fidanzata, poliziotta per metà nordafricana.
Una scrittura incalzante quella di Angelo Vecchio, con un periodare breve, senza fronzoli, che promette novità in una riga e mantiene l’impegno in quella successiva. Una prosa dominata dall’evento. Vecchio, per non tradire la sua matrice di cronista di nera, sembra trovarsi sullo scenario del crimine e racconta in diretta per il proprio lettore.
Questo libro suggerisce alternative alle sceneggiature cinematografiche, a volte piene di degradati dialoghi sentimentali, che danno beneficio soltanto a chi ama il lieto fine. Ma Angelo Vecchio, cronista per vocazione, diventa anche spettatore di eventi terribili, che mette assieme tante storie senza chiedere nulla alla fantasia, perché per mestiere è abituato a guardarsi attorno.
Basta leggere un capoverso delle centodue pagine di questo libro per capirne l’essenza. Uno dei sicari entra nella stanza da letto, spara una serie di colpi e uccide moglie e marito. E’ una strage. Dio dov’è?