Ricevo da una suora a cui voglio molto bene questo messaggio su Whatsapp: “buona Quaresima. La Chiesa ci invita al digiuno, io quest’anno desidero anche fare digiuno da Whatsapp. Solo la domenica scriverò un pensiero per camminare insieme e dirvi che vi sono ugualmente vicina con la preghiera”. Prendiamone atto. Forse rinunciare ai dolci o a prelibatezze non è più una forma di digiuno bastevole. Dobbiamo privarci di qualcosa che per noi è indispensabile. Famiglia Cristiana pubblica con convinzione l’appello di Don Valentino Porcile, parroco di Genova, su Facebook: «Spegniamolo almeno due ore al giorno per avere il tempo di guardarsi negli occhi, parlarsi o dedicare tempo a chi è meno fortunato di noi. Troppo facile il digiuno dal cibo. Mi piace molto l'idea di vedere Gesù che mi prende l'iPhone, me lo butta nel lago di Tiberiade, e mi dice: "Lascia le tue reti wireless, e seguimi"». A rincarare la dose ci pensa il professor Adriano Fabris, professore di filosofia morale dell’Università di Pisa che conosco da tanti anni. Sul settimanale cattolico Toscana Oggi scrive: “L’astinenza a cui siamo chiamati non è una rinuncia assoluta né una mortificazioni. La Quaresima può essere occasione per farlo e per farci capire che il mondo è pieno di cose meravigliose”. Tutto molto vero. Guardarsi negli occhi e non guardare una tastiera. Si può fare. Ho provato a fare un mini-sondaggio. Ma nessuno mi ha detto che è disposto a rinunciare anche per qualche ora allo smartphone: “senza mi sento nudo/a. Meglio rinunciare al cannolo o alla cassata!”…. E così sia.