Lo avevamo scritto timidamente. Poi sostenuto con
maggiore convinzione dopo le amministrative. E mentre tutti studiavano la fenomenologia del caso Beppe Grillo, le agenzie di comunicazione e i consulenti politici avevano già capito che la grande partita con i social network si sarebbe
giocata proprio nelle elezioni politiche del 2013.
Una partita molta diversa da quella che ha giocato Barack Obama negli Stati Uniti. Del resto Renato Carosone lo aveva cantato tanti anni fa che noi italiani vogliamo fa gli americani. Ma non sempre ci riusciamo. O per meglio dire badiamo più alla forma che alla sostanza.
Che significa? E’ presto detto! In questi giorni in tanti servizi televisivi così come sui giornali si discute se a vincere, in questa non competizione fatta di meta comunicazione è la televisione o i social network.
La televisione tende ad autocelebrarsi. Continua a fare dichiarazioni di esistenza soprattutto dopo gli oltre 8 milioni di Santoro su La 7 con ospite il Cavaliere Berlusconi.
In pochi dicono che, come già era accaduto per i mondiali, quanto accade in televisione è un pretesto per commentare sui social network, magari sia dal personal computer che dall’I-Phone, frasi , promesse, errori e scontri tra conduttori e politici presenti in studio.
Ma il tutto non in chiave politica, ma in chiave anti-politica. Non esiste quasi più il telespettatore di età media (i giovani non guardano la tv e non gliene frega nulla della politica, in altri paesi d’Europa e negli Stati Uniti se ne sono accorti da noi no!) che si limita ad accendere il televisore e osservare attentamente cosa avviene.
Le italiane e gli italiani si divertono a commentare, a distruggere, a postare momento dopo momento soprattutto critiche al mondo politico.
I candidati dal canto loro ormai hanno capito che sui social network bisogna esserci. L’importante è cercare di limitare il più possibile i danni. Parare quanto più si può i post negativi e inserire tutto quello che si fa. Nessuno avrebbe mai detto che anche il professor Monti avrebbe ceduto alla tentazione di dialogare sulla rete. Eppure sta accadendo.
Tutti ci sono. Poco importa il come. Ma ci sono. Passano dalla televisione,
intervengono, ma poi si accertano che i commenti siano positivi. Alcuni lo fanno
addirittura mentre sono in diretta. A loro poco importa cosa stanno dicendo i
loro competitor durante la trasmissione. Conta cosa accade sulla rete. Se poi
le spinte emozionali della rete corrispondono ai numeri dei sondaggisti allora
è fatta.
Studiando il fenomeno anche in altri paesi ci viene da chiedere se è quello che vogliano. O quello che serve per far riavvicinare i cittadini alla politica. Ci serve una foto ammiccante, una faccina sorridente o invece capire quali sono i programmi, cosa si vuole fare e soprattutto cosa ci accadrà dopo le elezioni… Invece la macchina propagandista genera contenuti bizzarri che ora dopo ora sulla rete si contraddicono. Che s’intrecciano su quanto accade in televisione. I giornalisti inseguono i tweet e i post su facebook e cercano i filmati più buffi o compromettenti su Youtube.
E’ quello che abbiamo provato a dire seguendo le campagne elettorali di altri paesi, ad esempio: i social network servono per ascoltare gli elettori, servono per dialogare con la gente e avvicinarla, servono per comunicare in maniera virale cosa si vuole fare e come si vuole fare. Invece nulla.
Certo scopriremo che Berlusconi, Monti, Bersani, Grillo e Ingroia cinguettano e sono presenti su Facebook, e garantiscono la loro presenza in televisione. Ma non siamo certi se hanno capito se questo toglie o aumenta voti. Ma i cittadini hanno compreso, quelli molto presenti sui social network, che possono parlar male di loro, mentre sono pettinatissimi in televisione…tranne Grillo, Bersani e Ingroia, loro non si pettinano tanto.