Avevo scritto la prefazione del precedente libro di Giusy La Piana “Strategie di comunicazione mafiosa”. Avevo colto la sua passione per la verità, la sua capacità di ricerca, la sua voglia di lasciare una traccia su personaggi e storie della nostra Sicilia.
Anche in questo lavoro, come nel precedente, c’è la Sicilia e la mafia. Ma c’è la storia di Bernardo Provenzano. La descrizione è didascalica.
Killer, guardaspalle, “ragioniere”, fantasma, mediatore, guru dei picciotti, uomo innamorato e, infine, anziano che vuole far credere di vivere come un atavico pecoraio in un fatiscente casolare. Bernardo Provenzano, u tratturi, il capo di Cosa Nostra dal 1993 al 2006, non ha mai creduto di essere un criminale.
«Che Dio ci protegga nonostante tutto quello che dicono» si legge in uno dei suoi pizzini. È stato catturato dopo oltre quarant’anni di latitanza e ha trascorso dieci anni in regime di 41 bis, ma tutto questo non è servito a farlo collaborare con la giustizia. Non si è sentito nel torto quando serviva e riveriva Michele Navarra, quando finiva i rivali a colpi di pistola, quando i suoi nemici venivano sciolti nell’acido, quando imponeva il pizzo, quando organizzava le stragi di Falcone e Borsellino. La giornalista Giusy La Piana ricostruisce in questo libro la storia di uno tra i più efferati criminali italiani, una storia di mafia che ha lasciato tracce indelebili nella vita politica e sociale italiana.
Un libro da leggere per vedere da vicino uno dei capi di Cosa Nostra, di poche parole, ma secondo l’autrice determinato e determinante.
“Binnu parlava poco già da ragazzino e ha continuato su questa linea per tutta la sua vita. Il suo silenzio non era quello della riservatezza o della timidezza, era quello dell’estimatore del potere della parola. Di quel verbo del male mafioso che professava attraverso i suoi pizzini che amava infarcire anche con versetti della Bibbia, conosceva sia la forza persuasiva, sia la forza devastante”.
Un libro pieno di coraggio quello scritto da Giusy La Piana, giornalista e scrittrice, è autrice di saggi, testi teatrali, televisivi e musicali. È specializzata in Scienze criminologico-forensi, Psicologia investigativa, giudiziaria e penitenziaria. Criminologa della Società Italiana di Criminologia, ha condotto ricerche su cultura, scrittura e strategie di comunicazione mafiosa.
Il libro è edito da Castelvecchi nella Collana RX (pagg. 96, euro 12,50).
Agghiaccianti anche le parole che l’autrice usa quando descrive il “Metodo Provenzano”.
Agghiaccianti come la verità giudiziaria accertata. “Ci racconta – scrive Giusy La Piana- di un criminale che non ha mai collaborato con la giustizia. Il metodo che Provenzano ha dato alla sua mafia e quelle cicatrice che il suo impero ha inferto all’Italia sono ancora lì. E non sono come le altre che il passare del tempo in qualche modo attutisce, sfuma o in parte riduce. No. Sono cicatrici che devono restare in piena vista che sarebbe deleterio provare a mimetizzare o a coprire. Vanno studiate fino a comprenderne ogni remoto meandro”.
Già, vanno studiate. E per questo il libro di Giusy La Piana è utile. Cose di Cosa Nostra che si devono sapere. Che dovevano essere scritte.