A poche ore dai ballottaggi delle Amministrative partiti, movimenti, liste civiche, leader, candidati eletti e “trombati” provano a fare i bilanci.
E se tutti attribuiscono la vittoria di Parma, ed in particolare del Movimento 5 Stelle, alla rete ed in particolare ai social network, qualche giorno fa l’Istituto “Carlo Cattaneo” presentando una ricerca ha sottolineato che “rispetto alle precedenti rilevazioni, appare meno efficace la comunicazione on line dei candidati del Movimento 5 stelle sia in termini di presenza, sia in termini di seguito e popolarità. E’ un risultato che sorprende vista la capacità dimostrata dal movimento di usare consapevolmente ed efficacemente la rete fin dalle sue origini”.
Ma i ricercatori dell’Istituto Cattaneo hanno certificato questo in concomitanza del primo turno. Ma negli ultimi quindici giorni Beppe Grillo, sicuro dell’attenzione dei media tradizionali, ha tirato fuori il coniglio dal cappello. “Non andate in televisione” ha detto ai suoi. Ed ecco che giornali, radio e televisioni, non soltanto italiani ma anche stranieri hanno inseguito e intervistato dirigenti e simpatizzanti del Movimento ovunque e comunque.
Una scelta premiante per Grillo e i suoi, quella di sottrarsi alle telecamere, sapendo poi di guadagnare invece una grande attenzione. Una tecnica usata da varie Star della musica che poi incassavano un successo dopo l’altro sottraendosi a riflettori, fotografi e soprattutto a giornalisti, confronti e interviste.
Altro caso: c’è un rapporto reale tra quello che rileva ancora l’Istituto Cattaneo : “i candidati della Lega Nord riconfermano limitato interesse e scarsa capacità d’uso delle piattaforme on line” e la sconfitta durissima del Carroccio con 7 ballottaggi persi su 7?
Pensiamo di si. Per il semplice fatto che molti elettori di tutti i partiti tradizionali e dei movimenti ,che si sono consolidati nel tempo (come la Lega), non sono andati a votare. Molti di loro frequentano il web e si sfogano sulla rete e poi disertano le urne. C’è anche da dire le vicende recenti di cronaca hanno sicuramente allontanato molti militanti e simpatizzanti.
Le due vittorie più eclatanti, quella di Federico Pizzarotti a Parma e quella di Leoluca Orlando a Palermo ci indicano che l’utilizzo dei social network è stato fondamentale.
Lo stesso Istituto Cattaneo nei giorni scorsi aveva evidenziato: “da notare la performance dell’ex-sindaco di Palermo Leoluca Orlando che ha aperto il suo profilo Facebook il 30 marzo 2012 e che nel giro di poche settimane ha conquistato un seguito significativo con 2037 fan al 13 aprile, 3456 al 20 aprile (+1.419), 4921 al 27 aprile (+ 1456) e 5532 al 3 maggio (+611). Questa forte impennata nei likes di Orlando lo ha portato in poche settimane a scalare la classifica della popolarità dei candidati su Facebook, conquistando la prima posizione”.
Ma sono stati bravi Pizzarotti e Orlando sulla rete o invece i partiti tradizionali non hanno trasmesso in rete emozioni, valori e contenuti? Marino Niola di recente sul Venerdì di Repubblica nella rubrica che cura ha fatto notare, riportando anche gli allarmi lanciati dall’America ed in particolare dal Guardian, sul fatto che la “connessione permanente rischia di uccidere il dialogo tra le persone”, ha posto il tema della società comunicante che diventa società scomunicante.
Niola ci fa riflettere sul fatto che i new media formattano il pensiero. Lo miniaturizzano, lo contraggono. Con gli slogan che prendono il posto del ragionamento. E’ la legge del digitale. Se l’opposizione non è netta, se non è seccamente binaria, non c’è segnale. Ecco perché dilagano fatwe, anatemi, esclusioni, ostracismi, populismi, integralismi”.
Un passaggio obbligato dalla società comunicante a quella scomunicante. Ma riflettendoci: anche i manifesti 6 per 3 enunciavano slogan, ed anche i tempi televisivi o gli spazi sui giornali non sempre permettono di illustrare la propria idea o il proprio progetto fino in fondo.
Visti i risultati ci pare proprio che il problema non sia legato agli strumenti vecchi o nuovi di comunicazione ma ai codici, ai linguaggi, all’inconsistenza di saper rappresentare un presente diverso da quello che i cittadini-elettori percepiscono.
La cosiddetta società civile delusa, frastornata, combattuta ha scelto tra il non voto ed il voto di protesta. Il sociologo Manuel Castells ci ha insegnato che: “la società in rete si fonda su una separazione di potere ed esperienza, collocati in diverse cornici di riferimento. […] In queste mutate condizioni la società civile si restringe e si disarticola, perché viene a mancare la continuità tra logica della produzione del potere e logica dell’associazione e della rappresentanza in dati contesti sociali e culturali.”
Ma le Amministrative non hanno rappresentato un test valido fino in fondo per comprendere il valore dei social network e della comunicazione politica attraverso il web.
Come abbiamo avuto modo di scrivere in un recente lavoro di ricerca la Rete non attira la politica ,ma soprattutto l’antipolitica. E le ultime amministrative lo testimoniano. Il rapporto di leader e partiti con il web, al momento, è quello di un gioco che non determina con certezza consensi. E quindi l’intero eventuale utilizzo va discusso, ri-discusso, capito e ponderato in viste delle Elezioni per il rinnovo dei due rami del Parlamento del 2013 o per il rinnovo dell’Assemblea della Regione Sicilia del 2013 (il voto è previsto per ottobre se a luglio il Presidente Raffaele Lombardo si dimetterà, come ha annunciato.
Come in quel vecchio film della commedia italiana “Tenente pigliamocela con comodo”, i politici italiani e i loro collaboratori muovono timidi passi, perché l’Italia non è l’America e perché ancora gli italiani connessi su Facebook sono 28 milioni, di cui molti under 18, e quelli che utilizzano la rete, appena la metà della popolazione.
Quindi conta di più la televisione, incidono maggiormente i giornali sull’opinione pubblica, è opportuno fare un lavoro sulle radio.
In pochi hanno compreso che i social network sono utili se fanno parte di una comunicazione integrata e quindi sono parte importante della strategia, al pari di altri mezzi. Ma soprattutto è necessario ritrovare l’etica della politica, uscire dalle logiche della politica scandalistica, dal linguaggio populista per approdare ad un modello comunicativo relazionale, nel quale ai messaggi siano consequenziali gli atti. Certamente il tutto organizzato all’interno di una strategia comunicativa ben progettata.
Anche se Pizzarotti spendendo 6 mila euro per la prima fase della campagna ed altri 2 mila per il ballottaggio ha dimostrato che la rete può essere utile anzi indispensabile e i conti di Beppe Grillo ( raggiungiamo 8 milioni di italiani attraverso la rete. Se ognuno di loro ha 5 amici siamo in connessione con 40 milioni, altro che televisioni….) possono risultare diversi da quelli che fanno i leader di partiti e movimenti della Seconda Repubblica. A Genova ha vinto Marco Doria (candidato del Sel) con una vittoria simile a quella di Pisapia. Nelle modalità e nelle forme.
Sia Parma, che Palermo che Genova, sono città dove il fallimento delle precedenti amministrazioni aveva già alimentato tensioni e momenti di vibrante protesta. E la rete aveva registrato e rilanciato tutto.
Rimaniamo della convinzione che considerando il crollo delle ideologie, il distacco verso i partiti tradizionali, non più portatori di valori e contenuti, e che non sanno dare emozioni, per stare sul web occorre essere abili ed efficaci. E questo necessità una buona fase di studio.
Se non altro per convincere e recuperare i tanti italiani che non sono andati a votare e che potrebbero non andarci anche se richiamati nei prossimi mesi alle urne. E non basteranno post che sprizzano decisionismo e ottimismo su Facebook o cinguettii normalizzanti su Tweeter, o video incoraggianti su Youtube. La quotidianità ci porta a sognare poco.
La crisi, la disoccupazione, le tasse, la scarsa qualità dei servizi ci fanno staccare sempre più dai Palazzi e ci rendono più (S)Comunicanti sul web.