Articolo pubblicato su La Voce di New York
“La vita è tutta fatta di coincidenze”. Ha ragione José Saramago, indubbiamente. Ed allora proviamo a vedere perché. La prima coincidenza, la più banale, è che sono andato a vedere il film di Marco Bellocchio “Il Traditore”, unico film italiano in concorso per la Palma d’Oro al Festival di Cannes, cercando di non farmi condizionare dalle critiche, dalla standing ovation in Francia e dal fatto che però non aveva incassato nemmeno un premio. Sono andato a vedere il film nel cinema della mia città Licata, in provincia di Agrigento. A pochi chilometri, dal Castello di Falconara (Butera) dove sono state girate molte scene del film, in particolare quella iniziale della festa con lo scatto della foto poi usata come prova al Maxi Processo. Di quella scena un frame mi ha colpito: Nicolà Calì, l’attore che interpreta Totò Riina, alza la mano per coprirsi la faccia, per proteggersi. E’ scritto nel copione, ma Calì fa questo ed altri gesti con grande mestiere. Si vede che ha studiato a lungo il personaggio.
Da giornalista che ha scritto per tanti anni di cronaca nera, so quanto contano i simboli per Cosa Nostra. Da sociologo che ha studiato i linguaggi e la spettacolarizzazione della mafia ripenso alla teoria della “comunicazione per sottrazione” quella fatta di silenzi e di gesti, più che di parole. E così al termine del film dico a me stesso che chi ha interpretato Totò Riina ha indovinato tutto, ma proprio tutto. Accade poi che aderisco ad una bella iniziativa del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina, dove insegno: due giorni a Siracusa per assistere alle rappresentazioni delle tragedie greche insieme ad un gruppo di docenti e studenti. Due spettacoli belli “Elena” e “Le Troiane”. Il mio amico storico, il professor Antonio Baglio, mi presenta Nicola Calì, proprio lui, l’attore e regista messinese, che interpreta Totò Riina. Una coincidenza o un’opportunità se preferite, per parlare del film, del suo personaggio, della sua esperienza, del red carpet di Cannes. Abbiamo anche scherzato su quella foto facendone una buffa in cui prova a nascondere parzialmente il volto con la mano, come nel film.
Ho la sensazione che il personaggio Totò Riina te lo porterai dietro e dentro per un bel po’….
“Lo penso anch’io –ribatte sorridendo l’attore messinese – anche se ti dico subito che ho visto tutti i video che sono riuscito a trovare in rete e studiare, soprattutto quando ho capito che poteva essere quello il mio personaggio nel film. Il mio Riina non è simpatico come quello della fiction di Mediaset Il Capo dei Capi. Ho seguito alla lettera le indicazioni del regista. Ho saputo dalla mia agente Valentina Calabrò, che ringrazio tantissimo, che avevano scelto me. Dopo aver superato ben tre provini il primo a Catania nel mese di gennaio dello scorso anno. Eravamo veramente in tanti. Soltanto a sera tarda mi hanno esaminato. Un’ intervista conoscitiva per approfondire il curriculum e capire se potevo essere utilizzato nel cast del film. Poi altri due provini a Palermo più dedicati al personaggio da interpretare ed eventuali altri parti. A maggio, sempre nel 2018, l’incontro con il registra Marco Bellocchio. Ho avuto qualche momento di ansia perché essendo messinese temevo che il mio accento non fosse quello che il regista si aspettava. Ma poi è andata molto bene. Interpretare Totò Riina è una grande responsabilità che ho affrontato con il mio consueto ottimismo. La considero una grande occasione perché da anni studio la storia della mafia. Nello spettacolo Malacarne, che ho adattato dal romanzo di Giosuè Calaciura, e portato in scena per la prima volta nel 2001 e poi riproposto numerose volte, affronto il tema da una giusta prospettiva. Penso di rimetterlo in scena entro il 2019. Ci provo”.
Poi sono iniziate le riprese in un luogo incantevole: il Castello di Falconara…
“Si davvero. E’ difficile descrivere la bellezza del Castello di Falconara, nel territorio di Butera a pochi chilometri da Licata, su un mare indimenticabile. Ci hanno sistemati proprio bene. Lì abbiamo iniziato le prove. Ognuno di noi aveva una stanza con su il nome del personaggio interpretato”.
Nicola Calì ha due grandi doti: l’umiltà e l’autoironia e queste lo rendono particolarmente simpatico. Ma ha anche una grande voglia di trasmettere la sua esperienza come attore di cinema e di teatro, come sceneggiatore e regista alle giovani generazioni. Il 27 e 28 giugno terrà nella sua città, Messina, un Laboratorio di Recitazione. Pensa di trasferirsi al più presto a Roma. Ha debuttato proprio in teatro a soli 18 anni ne “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello. Poi la conferma della sua bravura ne “L’avvenire è nelle uova” di Ionesco nel ‘94. Quindi l’incontro con Peppe Randazzo che definisce il suo vero Maestro, da cui ha appreso il metodo di recitazione ed improvvisazione. Ha debuttato come regista, invece, nel 1997 con “Le farfalle nello stomaco” a Torino. Da allora ha diretto 27 spettacoli, 32 eventi di pedagogia teatrale. Fra attori professionisti, dilettanti ed aspiranti attori ha diretto circa 1650 persone. Fra questi spiccano i nomi di: Luigi Maria Burruano, Anna Galiena, Enrico Guarneri, Mario G. Donatore e Tano Cimarosa. Nel cinema ha diretto un lungometraggio, “L’infernale Litterio”, due documentari, “A Soqquadro” con Massimo Coglitore e “Un ottobre” sull’alluvione di Giampilieri e alcuni cortometraggi fra cui spicca, “Tre case”, con cui ha vinto un festival e tre premi in Italia.
Quale è stato il tuo rapporto con il regista Marco Bellocchio, sembri entusiasta della sua professionalità….
“E’ un grandissimo onore per me essere stato tra gli attori diretti da Marco Bellocchio (regista di veri capolavori, come La Cina è Vicina – premiato con il Leone d’Oro a Venezia nel 1967 -, Sbatti il mostro in prima pagina, La condanna – Orso d’Argento a Berlino nel 1991) . L’ho visto diverse volte ma non ci avevo mai parlato. Incontri casuali. Un grande regista molto umano e umile. In una scena del film gli ho segnalato un parte che non mi convinceva. Mi ha ascoltato e poi ha fatto la piccola variazione. Nessun altro regista del suo livello forse l’avrebbe fatto. Ma i grandi sono così. I suoi grandi successi sono la testimonianza delle sue straordinarie capacità”.
E di Pierfrancesco Favino cosa mi dici…anche di lui tutti parlano bene…
“Pierfrancesco Favino, che da quando ci siamo conosciuti è stato sempre molto cordiale. Condividiamo una scena importante, quella in cui Riina, dopo aver chiesto un confronto con Buscetta, cambia idea, indicando quest’ultimo come persona non seria. Luigi Lo Cascio interpreta invece Totuccio Contorno; quando gli ho raccontato di aver diretto in passato suo zio Luigi Maria Burruano in due occasioni è rimasto molto colpito.”.
Ti ha pesato fare la scena del brindisi dopo la morte di Giovanni Falcone…
“Beh l’emozione e l’ansia è stata tanta durante il film. Una scena forte ma necessaria per far capire quanto si può essere spietati”.
Il red carpet di Cannes…come ti sei sentito?
“Una bella dimensione. Mi sono, tutto sommato, sentito a mio agio”.
A volte la semplicità riesce a vincere su tutto. Nicola Calì è pieno di idee e voglia di fare. Il Traditore gli permette oggi di essere un personaggio. Tutti voglio fare selfie con lui, gli chiedono autografi. Lui sorride e interpreta se capita Riina anche nelle foto. Si copre la faccia come faceva il boss. Ma adesso proverà ad uscire dal personaggio Riina forte di un’esperienza qualificante e professionalmente stupenda.
Ci siamo dimenticati di fargli la domanda che tempo fa fecero a Quentin Tarantino: I film sono meglio delle ragazze?
Il regista italoamericano ha risposto : “Oddio, che domanda. Nei giorni piovosi forse sì”. Chissà cosa avrebbe risposto Nicola Calì dove aver interpretato Totò Riina che pensava: comandare è meglio di fottere. Al contrario di Tommaso Buscetta che amava le donne….e ne ha avute tante. Resteremo col dubbio…