C’è una cosa che a noi italiani piace tantissimo: quando ci dicono che una cosa è gratis. Questa magica parolina gratis ci rende vulnerabili. Siamo capaci di rivelare qualunque cosa. E Mark Zuckerberg questo l’ha capito. Tanto è vero che quando decidiamo di iscriverci a Facebook c’è la dicitura che noi ci aspettiamo: “è gratis e sarà sempre gratis”. E lì scatta l’italiota natura. A quel punto inseriamo anche i dati delle nostre budella. Raccontiamo le cose più intime senza essere consapevoli che qualcuno poi quei dati li userà, li rivenderà.
E’ vero che il nostro Mark, a cui riveliamo tutto, aveva inventato Facebook per cercare di vedere in foto le ragazze che frequentavano i college diversi dal suo, ma poi ha capito che il mondo moriva dalla voglia di apparire e lì ha costruito la sua fortuna. L’ultimo scandalo USA che ha visto protagonisti Facebook e Cambridge Analytica, il nostro confidente Mark si è scusato. Ha detto che è stato commesso un errore ma che lavoreranno per proteggere i nostri dati personali. Si chiama ammissione di colpa in una comunicazione di crisi, tecnicamente, tradotto vi abbiamo fregato, ci dispiace, ma siete stati voi a darci tutto quello che vi chiedevamo. E non mettiamo soltanto i nostri dati, quelli dei nostri figli, delle nostre famiglie, dei nostri amici. Poi arriva la paura, ma è tardi. Già i dati sono stati venduti e ricomprati. Ansia fino al prossimo post con quello che abbiamo pranzato, l’ultimo vestito comprato. Mark ci ascolta, lui si che è un amico vero…