Ora che la bufera è passata sul Ministro della Salute e i suoi collaboratori dopo la terribile campagna sul Fertility Day, ora che sul sito del dicastero alcune immagini sono state tolte, ora che le cifre sul costo della stessa campagna oscillano (28 mila euro dichiarato da Beatrice Lorenzin a Repubblica e 113 mila euro Il Sole 24 ore) è il caso di fare qualche riflessione. Non perché ci scappa di farlo, o perché non se ne poteva fare a meno. Ma perché abbiamo letto e sentito di tutto ed è giusto mettere qualche punto fermo. Mi ha turbato un messaggio che è arrivato sulla mia posta privata su Facebook: “prof ma questa campagna è tutto il contrario di quello che lei ci ha insegnato a lezione….”
Per queste poche righe sento il dovere morale di aggiungere una piccola riflessione ai fiumi di parole e di immagini già spesi da quando qualcuno ha intercettato le cartoline e la campagna sulla rete. Vorrei andare per punti per evitare di essere poco chiaro e poco esaustivo.
1) Una campagna di comunicazione dedicata alla prevenzione e dunque istituzionale, deve partire da un presupposto: avere a monte una capacità di ascolto del target da raggiungere per creare messaggi e immagini efficaci. Il dubbio che questo non sia stato fatto ci viene. Non se ne parla in nessun resoconto giornalistico. Il Ministro Lorenzin dice timidamente che è stata studiata con un tavolo di lavoro con varie professionalità, sociologi compresi. Ecco è difficile crede che un sociologo non abbia evidenziato il difficile momento che attraversa la nostra società: precarietà del lavoro, paura a far figli, convivenze brevi, matrimoni in diminuzione, coppie aperte, mancanza di servizi e di soldi…. Ed è ancora più incredibile pensare che nessuno ha valutato l’impatto in una chiave di comunicazione integrata: vecchi e nuovi media, social network, blog e catene su whatsapp. Altro elemento: una campagna di questo tipo parte dal basso. Il coinvolgimento delle associazioni era importante e quindi anche la costruzione del messaggio, figlio di un pensiero comune, che comunque avrebbe rispecchiato le aspettative del Ministero.
2) L’impatto che si voleva ottenere è quello usato in molte campagne straniere, Nord Europa, Stati Uniti o Inghilterra utilizzando la tecnica del Teaser (dall'inglese to tease, stuzzicare ) campagne di forte impatto, che cercano di suscitare nel pubblico la maggior curiosità possibile. Ma in Italia, per ragioni culturali, non hanno mai funzionato. Basta vedere anche tutte le campagne fatte negli anni da Pubblicità Progresso anche su argomenti molto controversi.
3) La reazione delle donne sui social è stata talmente violenta, quanto prevedibile. Si sono sentite offese, derise, non capite, quasi prese in giro.
4) Una cosa ho imparato in tanti anni di ricerca e progetti sulla comunicazione: una campagna concepita da un creativo non si può cambiare in corsa. O si accetta e ci si assumono tutte le responsabilità oppure non se ne può salvare una parte. Il Ministro Lorenzin ha dichiarato che spariscono le cartoline che non sono piaciute e che ne saranno proposte delle altre. Quindi la campagna è stata uccisa due volte.
“Rimoduliamo la comunicazione senza snaturare il contenuto” sostiene il Ministro Lorenzin. Una “Missione Impossibile” dopo il lancio con slogan del tipo “la bellezza non ha età, la fertilità sì”.
5) Ha ragione la collega dell’Università di Urbino, docente di comunicazione pubblica, Gea Ducci, che ha scritto sul suo profilo Facebook come questa può essere considerata una “bad practice”, nel senso che possiamo indicarla ai nostri studenti come esempio su come non si devono fare le campagne sanitarie.
Come vedete si tratta di poche considerazioni alla quale aggiungiamo l’ultima: il Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, dello stesso partito il PD, del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha parlato sul suo profilo Facebook di “campagna bigotta” ed ha pubblicato il manifesto fascista della “Giornata della Madre e del Fanciullo”. Ha bollato la campagna sul Fertility Day come “un insulto a milioni di italiani”.
Quindi la solita divisione italica che ci fa ripensare alla canzone del mitico Giorgio Gaber su cosa è di destra e cosa è di sinistra. La fertilità è di destra e il preservativo di sinistra? E l’area moderata? Ai “Poster(i)” (ma non alle cartoline!!!) l’ardua sentenza.