Una domanda da un milione di dollari: verso chi Cosa Nostra ha indirizzato gli elettori che controlla in Sicilia? Così come era già accaduto per le regionali di mafia si è parlato pochissimo. Non ha fatto parte dell’agenda politica l’idea di una Sicilia diversa
Una domanda da un milione di dollari: la mafia per chi ha votato alle ultime elezioni nazionali? Verso chi Cosa Nostra ha indirizzato gli elettori che controlla? Ha puntato sull’astensionismo oppure ha assicurato i suoi consensi alle forze politiche candidate a vincere per destabilizzare? Questo è il dilemma.
Il Movimento Cinque Stelle ha vinto tantissimo al Sud, così da far pensare alla formazione di un nuovo Regno delle Due Sicilie. Ed il consenso è arrivato anche nelle cittadine e nei quartieri della Sicilia dove un tempo la mafia riusciva a controllare totalmente il voto. La leggenda narra che i capi mafia e i loro adepti al momento della consegna delle schede le ritiravano e le riconsegnavano, con precise indicazioni di lista e preferenze, all’apertura dei seggi, per avere un totale controllo della popolazione. Una pratica in verità che al Sud d’Italia non disdegnavano anche molti capi elettori, potenti e imbattibili, e che magari facevano l’occhiolino al boss del quartiere o al Capo del Mandamento.
Scenari e personaggi di una Sicilia che non esiste più. Lo stereotipo che sopravvive in tutto il mondo della vecchia mafia nello stile “Il Padrino” è lontana anni luce dalla realtà. Oggi anche Cosa Nostra ha cambiato ritmo, usa le tecnologie, e si muove con disinvoltura sui social e WhatsApp. L’ultimo voto, quello del 4 marzo 2018, conferma come da Corleone a Castelvetrano, ed anche nei quartieri più a rischio di Palermo, Catania, Messina, il Movimento di Grillo e Casaleggio ha spopolato.
Valanghe di voti per i 5Stelle, senza se e senza ma. Nel movimento una candidata che la mafia sicuramente non ama. Per il suo passato. Eletta con il 51,2% dei voti nel collegio uninominale di Marsala anche Piera Aiello, definita la candidata senza faccia. Testimone di giustizia insieme alla cognata Rita Atria, ha raccontato al Giudice Paolo Borsellino (poi barbaramente ucciso dalla mafia con la scorta), anni di omicidi e traffici della Mafia. A soli 18 anni aveva sposato Nicola Accardo, ritenuto un rampollo di una famiglia mafiosa. Non c’è stata storia nel collegio dove è nato e cresciuto Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra da troppi anni latitante. Piera Aiello, anche se nessuno l’ha mai vista o sentita parlare ha totalizzato il 20% di voti in più della candidata di centrodestra Tiziana Pugliese, e con una percentuale ancora più alta, la senatrice uscente Pamela Orru che ha ottenuto soltanto il 13,5% dei voti.
Così come era già accaduto per le elezioni regionali di mafia si è parlato pochissimo. Assente in tutti i dibattiti elettorali. Non ha fatto parte dell’agenda politica l’idea di una Sicilia diversa, senza la cappa di Cosa Nostra. Tutti ricordano in una delle isole più belle del mondo come tra gli insulti che sono volati per le regionali qualcosa era venuto fuori sulle famose liste degli impresentabili. L’attuale Governatore della Sicilia, Nello Musumeci, che è stato Presidente della Commissione Antimafia del Parlamento siciliano (ARS – Assemblea Regionale Siciliana, la regione è a statuto speciale e i deputati non si chiamano consiglieri come nelle altre regioni ma onorevoli) aveva risposto durante un forum tra i candidati dell’Ansa: “Ho dedicato gran parte della mia vita al tema della mafia e dell’antimafia e l’argomento è stato coperto da un dibattito strumentale e fazioso sulle candidature e le liste. Oggi nemmeno la Commissione antimafia riesce a garantire controlli per avere liste pulite”.
Mafia e mafia dell’antimafia (come la chiama lo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco) grandi assenti da quello che difficilmente può essere definito un dibattito politico anche in Sicilia. C’è da dire che la legge elettorale, il Rosatellum, ha dimezzato le necessità di comunicazione per candidati e partiti. Tutto sembrava già scritto. E il rebus su chi ha votato la mafia e se realmente è scesa in campo rimane. Politici, sindacalisti, opinionisti non si sono nemmeno appassionati più di tanto al dibattito. Dino Paternostro, responsabile della legalità della CGIL sentito dal quotidiano la Repubblica ha affermato che “in questo voto la mafia sicuramente non c’entra”.
Rimane incredibilmente attuale il pensiero dello scrittore Leonardo Sciascia:“La mafia era, ed è, altra cosa: un «sistema» che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel «vuoto» dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma «dentro» lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta”. Se si segue questo filo logico è impossibile non affermare che la Mafia oggi non ha interesse a controllare la politica, magari sempre sottotraccia, in assordante silenzio.
Con la percentuale finale di votanti è difficile pensare che la mafia non è andata o a votare o non ha espresso preferenze. Forse ha voluto destabilizzare, non soltanto in Sicilia ma anche in Calabria, in Puglia, in Campania. Nel nuovo regno delle due Sicilie.