Alla Camera dei Deputati hanno tentato di parlare di Web. Un esperto si è alzato ed ha lasciato il dibattito. C’era la mamma di una ragazzina di 12 anni che raccontava il suo dolore per quel video sul web della figlia ubriaca. L’equazione: si suicida una bambina per colpa delle nuove tecnologie. Il vecchio dibattito tra apocalittici e integrati, fuori moda, quasi jurassico.
Assistiamo sempre di più ad uno sviluppo della società a due velocità. La distanza che divide proprio le nuove generazioni, quelli che sono oggi comunemente definiti digitali nativi, e il mondo degli adulti considerati come immigrati digitali.
Per i digitali nativi le nuove tecnologie rappresentano un ambiente relazionale, un luogo naturale; gli adulti devono apprenderne le regole, con il limite di vivere questi luoghi come altro dal reale e come strumenti, esattamente come definivamo la radio, la televisione, il telefono ecc. Invece per i digitali nativi il dialogo, la relazione è totalmente immersa in questo nuovo ambiente. Si comunica anche a 30 centimetri di distanza fisica, non con l’uso del linguaggio vocale, ma attraverso il linguaggio digitale.
Ma cosa significa il termine digitale nativo? Il termine è stato coniato da Marc Prensky, che lo utilizzò per la prima volta in un suo articolo pubblicato nel 2001 nella rivista “On the Horizon”. L’articolo dal titolo, Digital Natives, Digital Immigrants, illustrava i cambiamenti di tipo cognitivo, comunicativo e comportamentale, prodotti dall’intenso uso e dalla sovraesposizione alle nuove tecnologie, onnipresenti nella vita delle nuove generazioni sin dalla più tenera età.
Vorrei parlare dei Digitali Nativi che non sono extraterrestri. Sono i nostri figli. Secondo recenti ricerche sono più irritabili, calano nel rendimento scolastico e rischiano anche la depressione.
Lo sostiene lo psichiatra James E. Gangwish del Columbia University Medical Center di New York che ha pubblicato uno studio molto dettagliato sulla rivista scientifica Sleep. Oltre ad essere digitali nativi diventano anche Super Gufi: svegli di notte e assonnati di giorno. C’era da aspettarselo. Quando i nostri ragazzi italiani ci rivelavano di tenere acceso il cellulare tutta la notte, dovevamo immaginarcelo. E qualche altro dubbio ci veniva magari quando oltre il 54% dichiarava di avere nelle classi terminali delle elementari la televisione ed il pc nella stanzetta.Gli studiosi americani dicono che i Super Gufi navigano su internet e sono figli di Facebook e Youtube corrono “il 24% in più di rischi di soffrire di disturbi depressivi e hanno il 20% in più di probabilità di covare pensieri suicidi”.
Ora nella italica tradizione passeremo da un eccesso all’altro. Perché è difficile pensare che immediatamente troviamo una soluzione utile per chiedere, magari pretendere, dai nostri figli che la notte devono assolutamente tenere spento il cellulare e magari anche il pc e la tv. E’ chiedere troppo? No! I pediatri dicono che ci vogliono 8 ore di sonno piene…meglio 9.
Impossibile per i digitali nativi o Super Gufi che dir si voglia. Dalle indagini, che, modestamente, abbiamo curato in Italia ad esempio ci accorgiamo che i bambini da 8 a 11 anni vedono trasmissioni televisive che si protraggono fino alla seconda serata televisiva. In tanti possiedono il tablet e per la prima comunione ricevono l’I-phone. E’ il caso di parlarne, di riparlarne, ed ancora di mettere insieme tutte le agenzie educative per capire dove vanno i Digitali Nativi o i SuperGufi.
C’è una nuova era da affrontare. E non aspettare il prossimo suicidio che magari avviene perché si è deboli e vittime della cattiveria umana. Non perché si posta un video su Facebook. Ma è più utile pensarla cosi.