E’ fresco di stampa il nuovo libro del Prof. Domenico Carzo (ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l'Università di Messina) : "Narrare l'Altro. Pratiche discorsive sull'immigrazione"- (Aracne Editrice pagg 208 13 euro
Il volume spiega come tra i mutamenti sociali avvenuti in Italia negli ultimi venti anni (concernenti il mercato del lavoro, l’avvento dei nuovi media, un forte mutamento nei rapporti sociali e, di conseguenza, familiari) spicca anche l’avvento delle migrazioni internazionali: in un tempo relativamente breve l’Italia ha modificato il proprio status da Paese di origine a Paese di destinazione di importanti flussi migratori. Questo processo non ha soltanto preso luogo, ma è stato soprattutto “narrato” secondo formule e canovacci stereotipati e stereotipizzanti. In antitesi a questo modello, il volume raccoglie saggi di studiosi che guardano criticamente al fenomeno migratorio così come è rappresentato nelle narrazioni mediali, giuridiche e antropologiche.
Nel libro si possono leggere i contributi di : Francesco Pira, Mariagrazia Salvo, Marco Centorrino, Antonia Cava, Mariarita Bartolomei, Pietro Saitta, Costanza Carzo, Salvo Nicolosi e Gaetano Pernice.
Il libro del Prof. Carzo esce nella collana del CENTRO INTERUNIVERSITARIO PER LE RICERCHE SULLA SOCIOLOGIA DEL DIRITTO,DELL’INFORMAZIONE E DELLE ISTITUZIONI GIURIDICHE (CIRSDIG) il cui comitato scientifico è composto dai professori :LARRY BARNETT, Widener University (USA), ROQUE CARRIÒN–WAM, Università di Carabobo (Venezuela), DOMENICO CARZO, Università di Messina,. ALBERTO FEBBRAJO, Università di Macerata,MAURICIO GARCIA–VILLEGAS, Università Nazionale di Bogotà (Colombia), MARIO MORCELLINI, Università di Roma “La Sapienza”, EDGAR MORIN, École des Hautes Études en Sciences Sociale(France),VALERIO POCAR, Università di Milano “Bicocca” e MARCELLO STRAZZERI, Università di Lecce.
Nel suo saggio intitolato: Multiculturalità nella società web 3.0. Comunicare e comprendersi… con chi viene da lontano", Francesco Pira spiega come “ La fragilità del nostro mondo ci appare in tutta la sua evidenza con l’imperversare di una crisi economica che annulla i confini fisici della nazione e che ci investe, senza che possiamo comprendere chi sia il nemico da combattere. Quale è e deve essere il contributo della comunicazione e di chi la fa e la abita nell’era del web 3.0? Comprendere anche chi viene da lontano non è facile, ma neppure impossibile”. Secondo Pira: “restiamo attoniti e impauriti di fronte a Istituzioni inadeguate con la nostra incapacità di comprendere quale prospettiva ci riserva il futuro. Ma non bastano le difficoltà economiche e, forse proprio in virtù del loro acuirsi, che diventa ancora più complesso, seppure più urgente, gestire la società che cambia, che si amplia, che si “contamina” con l’arrivo di un numero crescente di immigrati. Il sentimento che prevale e che anche un certo populismo contribuisce a far percepire in modo più evidente, è la paura, la paura del diverso, la paura di perdere sicurezza, libertà, identità.
Quali risposta per superare la barriera della paura? E’ necessario costruire una nuova strada per il dialogo, che consenta al soggetto di ritrovare la via di una nuova socializzazione nella quale la libertà sia intesa come accettazione della libertà degli altri, certi che le libertà se unite possono rappresentare una forza contro la debolezza degli individui di fronte a regole che sono fatte dai mercati e sfuggono al nostro sistema di valori di riferimento.
La strada – conclude Pira- è quella della cultura che passa attraverso l’investimento nelle agenzie educative (scuola, università, istituzioni religiose, famiglia), le quali possono agire se la politica e le istituzioni ritrovano il loro ruolo, non più ancorati alle vecchie logiche identitarie ma avendo la capacità di leggere i mutamenti e guidare la società nella comprensione. Questo passa anche dai nuovi modelli relazionali che vanno interiorizzati, compresi, utilizzati come risorsa per l’ascolto e non come sponda per l’affermazione delle logiche individualistiche fin troppo imperanti nel nostro quotidiano”.