«Siamo chiamati a ripensare il nostro modello economico e sociale. Tutti: gli stati, la finanza, le imprese e anche il “terzo settore”». L'appello a puntare su una nuova economia, l'«economia positiva» (secondo la definizione di Jacques Attali), è risuonato oggi nel campus di Iusve, l'Università salesiana di Venezia. A farsi portavoce di questa istanza è stata Letizia Moratti, già sindaco di Milano e ministro dell'Istruzione, che ha dato avvio al convegno annuale dell'istituto universitario, centrato su “Abitare il futuro. Nuove prospettive per uno sviluppo equo e sostenibile”.
Quella attuale, ha spiegato Moratti, non è «un'epoca di cambiamenti, ma il cambiamento di un'epoca», che vive le conseguenze – in termini di recessione e disoccupazione – di «una finanza stravolta, non più a servizio dell'economia ma di se stessa». La co-fondatrice della Fondazione San Patrignano, che fa parte anche di una task force sulla finanza sociale del G8, ha auspicato la definizione di «un nuovo modello economico che tenga conto di indicatori diversi rispetto a quelli attuali», come il Pil. C'è necessità allora di creare «un ecosistema favorevole perché tutte le imprese sentano propria, oltre al profitto, la missione di contribuire al benessere sociale e collettivo». Una risposta alla crisi sono infatti anche le “imprese sociali”, che hanno come obiettivo la soluzione di problemi sociali e che in Europa danno lavoro a 11 milioni di persone e rappresentano il 10% del Pil. Vanno perciò salutati con estremo interesse la recente dichiarazione di Strasburgo, che chiede uno sviluppo “più giusto, più verde e ancorato nelle comunità locali”; come anche le moderne forme di microcredito, la nascita della prima borsa sociale europea, l'emissione dei primi “social impact bond”, il cui rendimento è ancorato a obiettivi non finanziari ma sociali.
Secondo Francesco Pira, sociologo e docente di comunicazione IUSVE, che ha affrontato il tema “Comunicazione e sviluppo sostenibile”, esiste una crisi della comunicazione ambientale, persino nei format televisivi di informazione ambientale, che sono cosa diversa di quelli di divulgazione scientifica.”La comunicazione ambientale paga il limite della mancanza di una visione strategica e di una conseguente incapacità di dare vita ad un percorso omogeneo, creando visioni contraddittorie”.In questo contesto la rete può diventare una risorsa per aumentare la consapevolezza delle persone, delle aziende e delle istituzioni per progettare la via per uno sviluppo sostenibile. Una sfida che può essere vinta «solo nella misura in cui la viralità della conoscenza riuscirà a sopraffare il mare dell'ignoranza e delle false convinzioni».
Il tema dello sviluppo equo e sostenibile, ispirato dall'imminente Expo di Milano, è stato declinato anche nei tre ambiti che interessano la didattica di Iusve. Franca Olivetti Manoukian, psicosociologa dello Studio Aps di Milano, si è chiesta di quale psicologia ci sia bisogno per una vita equa e sostenibile. A fronte di un sapere psicologico “volgarizzato” dai mezzi di comunicazione di massa, che «non facilita l'accrescimento di conoscenze e competenze per affrontare i problemi della vita», dalla studiosa viene l'auspicio di una ricomposizione tra teoria e pratica, tra diverse opzioni metodologiche, tra interventi singoli e situazioni organizzative e territoriali, nel confronto con altre discipline: la sociologia, l'antropologia, l'economia, la pedagogia.
Roberto Albarea, pedagogista e docente IUSVE, trattando della sostenibilità in educazione ha proposto sette componenti della sostenibilità come stile personale: la gentilezza nei costumi, il dialogo interiore, la trasversalità formativa e disciplinare, il livello soglia, l'inquietudine conoscitiva, la militanza educativa, l'ilarità e “leggerezza pensosa” di Calvino.